Che differenza c’è tra personalizzazione e individualizzazione? Se qualcuno me lo chiede rispondo di solito con un’altra domanda: perché lo vuoi sapere? Se è per un esame o concorso solidarizzo, per forza, e in qualche modo cerco di dare una risposta. Necessariamente nozionistica, purtroppo. Ma se il dubbio viene da insegnanti semplicemente curiosi di sapere, dico: lascia perdere, pensa a cose più serie e non complicarti la vita per nulla.
Parlando di didattica individualizzata e personalizzata da un po’ di anni (non molti in verità) i sacri testi partono dall’assioma che i due termini non sono sinonimi ma al lato pratico, quando è il momento di dire cosa si fa in un caso e cosa nell’altro, le distinzioni scompaiono e tutti parlano di didattica individualizzatatrattinopersonalizzata. Si vedano ad esempio le Linee Guida per i DSA del 2011 e i modelli di PDP proposti dal MIUR. È come quando si fa fare ai cittadini la raccolta differenziata ma poi i rifiuti finiscono tutti nella stessa discarica.
Ma d’altra parte sarebbe ben duro fare distinzioni categoriche considerando la nebulosità e le evidenti, e pesanti, contraddizioni tra le due pseudo definizioni, nonché la varianti e difformità.
Mi attengo al minimo sindacale e riprendo quello che dicono le Linee Guida: «L’azione formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo-classe ma è concepita adattando le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti [..]
L’azione formativa personalizzata […] può porsi obiettivi diversi per ciascun discente».
Ma, se didattica individualizzata significa differenziare la metodologia didattica e non gli obiettivi, perché per gli alunni con disabilità, con i quali si adatta praticamente tutto, si predispone un PEI (Piano Educativo Individualizzato)? Viceversa è per gli alunni DSA che si dovrebbe intervenire sulla individualizzazione considerando che, secondo le citate Linee Guida, per loro la progettazione educativa deve intervenire ma «non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione». Se è così, perché il documento di programmazione dei DSA si chiama PDP, Piano Didattico Personalizzato, e non Individualizzato come sarebbe logico in base alla definizione? Tra parentesi, consiglio sempre la regola dei contrari ai “poveretti” di prima, quelli che devono preparare un concorso o un esame e sono obbligati a distinguere i due termini ma, essendo del tutto arbitrari e scollegati rispetto al linguaggio comune, tendono a confonderli: hai presente il PEI? Si chiama individualizzato ma si fa personalizzazione. E il PDP si chiama personalizzato ma riguarda l’individualizzazione. Basta capovolgere tutto, facile. O no?
La distinzione avrebbe senso se si dicesse, ad esempio, che con DSA e BES si può fare solo individualizzazione, come sarebbe ovvio visto che non si possono ridurre gli obiettivi, mentre con gli alunni con disabilità si può intervenire anche sulla personalizzazione. Ma la Legge 170 sui DSA dice chiaramente (art. 5 comma 2/a) che questi alunni hanno diritto a una didattica “individualizzata e personalizzata” e quindi la distinzione non si può fare.
Chiariamo: di sicuro è utile riflettere su come, caso per caso, va differenziato l’insegnamento relativamente a metodi, tempi, obiettivi, con riferimento in particolare ai livelli culturali minimi di competenza di cittadinanza che vanno garantiti a tutti. Contesto la pretesa di calare dall’alto una distinzione lessicale senza nessun riferimento all’uso reale, anche da parte degli addetti ai lavori (vedi PEI e PDP), e soprattutto senza nessuna ricaduta operativa.
Secondo il dizionario individualizzare e personalizzare, checché se ne dica, sono sinonimi e anche nella scuola così erano considerati fino a poco tempo fa. Ricordo che negli anni ’90, prima dell’autonomia, le scuole dovevano stendere il PEI, Piano Educativo di Istituto (precursore del POF), e in molte zone d’Italia per evitare confusione di sigle si cambiato il nome del PEI, documento di programmazione della disabilità, trasformandolo in PEP, Piano Educativo Personalizzato. Perché ovviamente i due termini allora erano tranquillamente considerati sinonimi.
A proposito di dizionario: Bizantinismo, atteggiamento di chi eccede in sottigliezze o complica inutilmente i problemi. Proprio quello di cui la scuola ha oggi meno bisogno.
Flavio Fogarolo